Prefazione di Clotilde Barbarulli e Luciana Brandi
Michele è un trentenne che viene licenziato il giorno stesso in cui apprende del suicidio di uno dei suoi migliori amici.
Incaricato dagli altri tre amici di organizzare il funerale, Michele si troverà a vivere situazioni al limite del paradossale. Si innamorerà del bel becchino che cerca di rimorchiarlo per telefono, si ritroverà come eredità la casa di Francesco (l’amico suicida) da dividere con Paolo, l’amico col quale vive un rapporto conflittuale, Luca, il carattere più docile del gruppo, e Donatello, il ribelle che per vivere si prostituisce.
Come se non bastasse dovrà fare i conti con la famiglia biologica, che non perde occasione per ricordargli il legame di sangue e il suo ruolo all’interno della famiglia, e con la sua terribile nipote, incuriosita e affascinata dall’omosessualità dello zio.
Michele si nasconde spesso nel suo mondo di fantasia in cui può essere padre di una bellissima bambina immaginaria. Ma le cose si complicano con l’arrivo di un misterioso ragazzo dal volto deturpato e di una ragazza che porta con sé una grande sorpresa.
La più acuta, intelligente, ironica scrittrice italiana tra Otto e Novecento. Un’autrice e un romanzo da annoverare tra i classici della nostra letteratura.
La seconda edizione dei Promessi sposi è il libro che accompagna tutta la storia di Rachele, Giovanni e la Matta. Si tratta di un riferimento esplicito fatto non per adesione, ma per dissacrazione: non c’è nel romanzo un disegno divino, una provvidenza; non c’è alcuna consolazione, né per la Matta, né per Rachele. È il caso che interviene a scompigliare i destini dei protagonisti e a favorire l’emergere del narcisismo di Giovanni e quindi le sue diverse e calcolate scelte rispetto all’ìdillio iniziale. L’ironia si esercita nello sconvolgere quel livello letterario che la scrittura stessa tende a costruire, nel tratteggiare un amore tutto idealizzato secondo i canoni, che non può entrare in comunicazione alcuna né con i gemiti della Matta, né con il dolore silenzioso di Rachele. Giovanni ha gli occhi ciecamente puntati sulla propria immagine e la persona amata o non esiste concretamente o esiste troppo, come specchio delle sue fantasticherie.